Il coordinamento “Si può fare. Per il lavoro di Comunità” diventa associazione

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Il 30 giugno scorso si è costituito l’Ente di Terzo Settore “Si può fare – Per il lavoro di Comunità” L’associazione è stata fondata da 45 soci; tra questi 25 sono  associazioni di utenti e familiari, organizzazioni di volontariato e cooperative sociali con sedi in tutta la  la Sicilia che rappresentano le realtà che promuovono i diritti delle persone affette da patologia psichiatrica e che portano avanti buone pratiche di riabilitazione nel campo dell’inserimento lavorativo, dell’abitare e del tempo libero.
Come i lettori di questo blog sanno, il Coordinamento “Si può fare – Per il lavoro di Comunità” nasce – quasi in contemporanea a  questo sito nel 2013, ma solo ora si è dato una veste giuridica per potere interloquire con le istituzioni in maniera ufficiale.
L’associazione si è costituita a Palermo, presso il Vivaio Ibervillea, all’interno dell’ex Ospedale Psichiatrico (Presidio P.Pisani)  ed ha eletto il suo primo direttivo del quale fanno parte tutte le componenti del mondo della Salute Mentale: utenti, familiari, operatori dei DSM e operatori del Terzo Settore. Presidente dell’associazione sarà il Dott. Tati Sgarlata, psichiatra di Siracusa, da pochi mesi in pensione. Ecco gli altri membri del Direttivo: Grazia  Adorni (Catania), Antonina Algeri (Messina), Carmela Carbonaro (Siracusa) Mirella Cudia (Ribera – AG), Mimma Dauccio (Barcellona- ME), Francesca Grimaudo (Alcamo – TP), Vanessa Mancuso (Enna),  Laura Peduzzo (Palermo), Antonino Raro (Palermo), Angela Scalia (Acireale – CT).
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Il Direttivo dell’Associazione (…quasi al completo!)

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Il Presidente Dott. Tati Sgarlata

L’associazione continuerà negli impegni portati avanti dal Coordinamento  da 7 anni e lavorerà per:
1) Promuovere Dipartimenti di Salute Mentale che non diventino erogatori di farmaci e filtri per il ricovero nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura ma che siano organizzati per promuovere la salute mentale, prevenire l’insorgere della patologia psichiatrica e curare e riabilitare il soggetto nella comunità nella quale vive. Invece un insieme di scelte politiche che ha visto poco attenta la Comunità tutta sta portando sempre più a dei servizi medicalizzati che, per mancanza di personale come gli psicologi, gli assistenti sociali ed i terapisti della riabilitazione, sono impegnati quotidianamente nel fronteggiare le richieste sempre più numerose con strumenti quasi esclusivamente di tipo medico. Le piante organiche dei Dipartimenti di salute mentale sono costruite con delle linee guida dell’Assessorato regionale alla Sanità che dispongono una percentuale precisa per medici psichiatri e neuropsichiatri infantili e per infermieri ma che non da percentuali specifiche per le figure professionali sopra ricordate, psicologi, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, per cui il numero di questi professionisti dipende dalla sensibilità dei Direttori Generali che in questi anni non hanno posto la dovuta attenzione a questo aspetto;
2) Far sì che venga attivata e riunita al più presto, presso l’Assessorato Regionale della Salute  la Consulta delle Associazioni dei familiari e degli utenti prevista dal D.A. del 22/10/2019 che deve affiancare il Coordinamento regionale della salute mentale costituito da tecnici, coordinamento che è stato istituito ma che non viene convocato;
3) Sollecitare l’emanazione delle Linee guida per la formulazione e l’implementazione dei progetti terapeutici individualizzati (PTI) di presa in carico comunitaria da sostenere con budget di salute come definito dall’art. 24 della legge regionale n. 17 del 16.10.2019 che dispone che “ogni Azienda sanitaria provinciale è tenuta a destinare almeno lo 0,2 per cento delle somme poste in entrata nel proprio bilancio annuale al finanziamento di PTI”. A tal fine il Coordinamento ha anche presentato all’assessorato regionale alla Sanità una proposta
dettagliata;
4) Attuare il Piano Socio-Sanitario emanato il 31.07.2017 congiuntamente dagli Assessorati della Salute e della Famiglia. Tale Piano avrebbe dovuto avviare   il processo di integrazione socio-sanitaria in salute mentale dato che è impossibile una riabilitazione che non prenda inconsiderazione complessivamente i bisogni della persona. Per questo chiediamo che si rafforzi il Servizio  “Tutela della fragilità-Area integrazione Socio-Sanitaria regionale” per coordinare tutte le iniziative necessarie per mettere in atto il Piano Socio-Sanitario e l’art. 24 del suddetto collegato all’ultima finanziaria, (vedi punto 3);
5) Sollecitare Linee guida chiare alle Comunità Terapeutiche Assistite (CTA) per favorire, dopo l’emergenza Corona-virus, la ripresa di tutte le attività riabilitative e la libertà di movimento e d’incontro con i familiari per gli utenti ivi ricoverati. E’ infatti  durata troppo una reclusione ingiustificata che mette ancora una volta l’utente affetto da patologia psichiatrica in una posizione di discriminazione.

Il Coordinamento “Si può fare -Per il lavoro di Comunità” chiede un incontro urgente con gli Assessori della Sanità e della Famiglia per discutere i tempi di attuazione di queste iniziative che non si possono più rimandare.
O si sceglie la strada della vecchia assistenza psichiatrica foriera di drammi e di ingiustizie o si sceglie la strada del coinvolgimento di tutta la Comunità nelle scelte che, come l’esperienza e le linee guida internazionali insegnano, mettono al centro la persona affetta da patologia psichiatrica con tutti i suoi bisogni, diritti e doveri.

Alcuni momenti dell’assemblea fondativa

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